Sono sempre stata una grande sostenitrice dell’abbigliamento professionale in ufficio. Scarpe alte, completo giacca e pantaloni, trucco al punto giusto. E ho sempre chiesto a chi lavora con me di avere lo stesso approccio.
Questa richiesta ha una motivazione molto semplice: facendo un lavoro consulenziale, non si può mai sapere chi si incontra. Può essere un cliente, un candidato o una riunione improvvisa con il capo.
Io dico sempre che molto facile passare da un abbigliamento formale ad uno informale. Ma è (quasi) impossibile il contrario. Gli uomini, ad esempio, possono togliere la cravatta e passare facilmente da un approccio ingessato e serio, ad uno amicale e socievole.
Eppure, da quando a novembre dell’anno scorso sono stata operata ad un’ernia lombare, ho scoperto le scarpe casual al lavoro. Cioè, mi sono trovata di fronte ad una scelta obbligata: scarpe da ginnastica prima (ora posso concedermi tacco 5) anche per l’ufficio. Una tragedia greca, visto che i miei pantaloni sono tagliati per svettare sopra gli 8 cm di tacco.
Ma questa esigenza si è rivelata sorprendentemente piacevole, molto di più di quanto potessi immaginare. Ancora oggi, infatti, quando non ho impegni super formali, mi capita di andare in ufficio indossando un paio di scarpe da ginnastica dai colori non proprio discreti (gialle e rosa).
In fin dei conti, ho imparato ad essere un po’ più alla mano rispetto a qualche anno fa, rimanendo ovviamente – quando necessario – formale e professionale. Credo che questo aspetto sia direttamente collegato alla sicurezza in noi stessi. Spesso, infatti, optare per un abbigliamento neutro aiuta a non dare nell’occhio e a non sollevare obiezioni. Un particolare strano e che attira l’attenzione, invece, deve essere portato con estrema sicurezza altrimenti si rischia di apparire fuori luogo.