Nei giorni scorsi ho avuto l’opportunità di ascoltare l’intervento del Generale Vittori, un astronauta con 3 missioni nello spazio. Ha raccontato alcune cose di sé, ma soprattutto ci ha fatto riflettere sul ruolo che lo spazio potrebbe avere, per tutti noi, in futuro. Tra tutte, forse la cosa che mi ha colpita di più è il fatto che, secondo lui, nel futuro (e neanche troppo lontano) lo spazio potrebbe diventare un luogo di lavoro normale.
E’ un’affermazione certamente forte, soprattutto mentre sulle nostre teste il Comandante Astronauta Luca Parmitano passeggia nello spazio. Ed è una cosa che tutti noi, almeno in questo momento, consideriamo eccezionale. Oggi per noi umani lo spazio rappresenta una fortissima evoluzione della tecnologia, nuove operation a livelli complessi, ma anche crescita dell’economia con l’arrivo dei privati che avrà un impatto determinante. Ma soprattutto lo spazio rappresenta il futuro del nostro pianeta.
Perché? Perché due risorse per noi fondamentali come l’acqua e l’atmosfera stanno finendo e, per forza di cose, dobbiamo andare a cercare nuove fonti al di fuori della terra.
Vivremo sulla Luna o su Marte? La NASA e molti scienziati italiani, tra cui la Professoressa Veronica Bindi (anche lei testimone all’evento) stanno già lavorando alla ricerca dei materiali migliori che possano proteggere l’uomo della radiazioni. La professoressa Bindi, in particolare, ha presentato alcuni esempi di moduli molto simili agli Igloo all’interno dei quali è possibile immaginare una vita nello spazio.
Ma il mestiere di astronauta sarà la normalità? Il Generale ha raccontato che, per quanto ci si possa allenare ore e ore in piscina, a terra, nelle apparecchiature ad hoc, nulla equivale all’esperienza diretta di stare nello spazio: quei 9 minuti necessari per arrivare nello spazio sono, a detta sua, qualcosa di veloce, di cui forse neanche ci si accorge, almeno fino al momento in cui tutti i motori si spengono, si sganciano e c’è un silenzio surreale al di fuori dell’atmosfera terrestre. Quando si entra nell’ISS, poi, ci si deve abituare a fluttuare senza peso. Nello spazio il grande problema è dormire e lui, ha spiegato, si aggancia tra due contenitori di acqua per sentire pressione.
E’ una situazione che richiede apprendimento costante, occorre elaborare immediatamente la disconnessione tra quello che si vede e quello che si sente, perché vista e udito non sono sincronizzate. E’ quasi come ritornare all’infanzia, quando si deve imparare tutto da zero.
Visto in questo modo il lavoro dell’astronauta non sembra proprio una cosa normale e lo spazio non si potrebbe definire un ambiente non proprio comodo. Ma c’è una cosa fondamentale, nella corsa verso lo spazio e in generale nella vita lavorativa di ciascuno di noi: la creatività unita all’innovazione. Un binomio che ha portato imprenditori come Elon Musk o Richard Branson al centro del dibattito perché sono stati capaci di creare nuovi soluzioni tecnologiche o nuovi modi di lavorare. La ricerca di nuove soluzioni ha sempre più spesso anche fini commerciali.
Quale sarà il primo insediamento umano? Probabilmente una stazione di rifornimento di metano o idrogeno, perché portarlo dalla Luna costerà meno che portarlo dall’Australia verso gli Stati Uniti.